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Bella storia della pizza

La
pizza ha una storia lunga, complessa e incerta. Le prime attestazioni
scritte della parola “pizza” risalgono al latino volgare di Gaeta nel
997 e di Penne nel 1200 ed in seguito in quello di altre città italiane
come Roma, L’Aquila, Pesaro, ecc. In seguito, nel XVI secolo a Napoli ad
un pane schiacciato venne dato il nome di pizza che deriva dalla
storpiatura della parola “Pitta”.

All’epoca
la pizza era un utensile da fornaio, una pasta usata per verificare la
temperatura del forno. Piatto dei poveri, era venduta in strada e non fu
considerata una ricetta di cucina per lungo tempo. Prima del XVII
secolo la pizza era coperta con salsa bianca. Fu più tardi sostituita
con olio d’oliva, formaggio, pomodori o pesce: nel 1843, Alexandre Dumas
padre descrisse la diversità dei condimenti della pizza. Nel giugno
1889, per onorare la Regina d’Italia Margherita di Savoia, il cuoco
Raffaele Esposito creò la “Pizza Margherita”, una pizza condita con
pomodori, mozzarella e basilico, per rappresentare i colori della
bandiera italiana. Fu il primo ad aggiungere il formaggio.
Dalla focaccia alla Margherita
L’esatta
sequenza con cui le molto saporite focacce medievali divennero i piatti
popolari nel Novecento non è completamente nota.
La
pizza, che è una focaccia e quindi un pane, deriva evidentemente da
prodotti analoghi diffusi sin dall’antichità nelle loro diverse
varianti, più o meno appiattite, ai quali venivano aggiunti svariati
tipi di condimenti (vedi anche la focaccia barese, la focaccia genovese e
la pizza genovese) ma non il pomodoro, che solo verso la fine del XVI
secolo cominciò a diffondersi in Europa ed in Italia, importato
dall’America meridionale.
Vi sono
notizie che risalgono alla fine del Cinquecento ed inizi del Seicento
di una pizza soffice chiamata alla “mastunicola”, ossia preparata con
basilico (strutto, formaggio, foglie di basilico e pepe). In seguito si
diffuse la pizza ai “cecinielli”, ossia preparata con minutaglia di
pesce.
La
prima vera unione tra la pasta ed il pomodoro (accolto all’inizio con
diffidenza) avvenne a metà del Settecento nel Regno di Napoli.
La
pizza a Napoli fu popolarissima sia presso i napoletani più poveri che
presso i nobili, compresi i sovrani borbonici. Il successo della pizza
conquistò anche i sovrani di Casa Savoia, tanto che proprio alla regina
Margherita di Savoia nel 1889 il pizzaiolo Raffaele Esposito dedicò la
“pizza Margherita”, che rappresentava il nuovo vessillo tricolore con il
bianco della mozzarella, il rosso del pomodoro ed il verde del
basilico.
Quella
che oggi è chiamata pizza Margherita era tuttavia già stata preparata
prima della dedica alla regina di Savoia. Francesco De Bourcard nel 1866
riporta la descrizione dei principali tipi di pizza, ossia quelli che
oggi prendono nome di pizza marinara, pizza margherita e calzone:
Le pizze
più ordinarie, dette coll’aglio e l’oglio, han per condimento l’olio, e
sopra vi si sparge, oltre il sale, l’origano e spicchi d’aglio trinciati
minutamente. Altre sono coperte di formaggio grattugiato e condite
collo strutto, e allora vi si pone disopra qualche foglia di basilico.
Alle prime spesso si aggiunge del pesce minuto; alle seconde delle
sottili fette di muzzarella. Talora si fa uso di prosciutto affettato,
di pomodoro, di arselle, ec. Talora ripiegando la pasta su se stessa se
ne forma quel che chiamasi calzone.
(Francesco de Bourcard, Usi e costumi di Napoli, Vol. II, pag. 124)
Pizza
Bisogna
tuttavia notare che già nel 1830, un certo “Riccio” nel libro Napoli,
contorni e dintorni, aveva scritto di una pizza con pomodoro, mozzarella
e basilico.
Lentamente
la focaccia di origine popolare arricchita con pomodoro si diffuse in
tutte le classi sociali ed in tutte le regioni italiane, e con essa
anche i locali specializzati nella preparazione della pizza: dapprima
probabilmente forni in cui la pizza si consumava in piedi per strada,
poi in seguito trattorie e pizzerie.
Sino al
principio del Novecento la pizza e le pizzerie rimangono un fenomeno
prettamente napoletano, e gradualmente italiano[senza fonte]
(nell’Italia settentrionale iniziò a diffondersi solo nel secondo
dopoguerra), poi, sull’onda dell’emigrazione, iniziano a diffondersi
all’estero ma soltanto dopo la seconda guerra mondiale, adeguandosi ai
gusti dei vari paesi, diventano un fenomeno mondiale.
Gli
italiani emigrati hanno fatto conoscere, apprezzare e anche modificare
la pizza nel mondo. Oggi ormai anche molti cuochi di differenti
nazionalità sono diventati esperti pizzaioli per i quali esiste anche un
campionato mondiale dove misurarsi.
Oggi il
giro di affari legato alla pizza (pizzerie, consegne a domicilio,
surgelati, catene di fast food) è molto rilevante nel mondo, al punto
che alcuni abili imprenditori (come ad esempio l’americano Tom Monaghan
fondatore della Domino’s Pizza) hanno costruito intorno alla pizza
grandi fortune.
Origini
Il pane
è uno dei cibi preparati più antichi e le sue origini risalgono almeno
al Neolitico. Nel corso della storia, sono stati aggiunti diversi
ingredienti al pane, per conferirgli particolari sapori. Alcuni
archeologi italiani e francesi hanno trovato in Sardegna un tipo di pane
infornato risalente a circa 3.000 anni fa. Secondo il parere di
Philippe Marinval, le popolazioni della Sardegna conoscevano e
utilizzavano il lievito. Gli antichi greci preparavano un pane di forma
appiattita, chiamato plakous che veniva condito con vari aromi, tra cui
aglio e cipolla. Inoltre si dice che il re dei persiani, Dario il Grande
(521-486 a.C.) cuoceva un tipo di pane appiattito usando gli scudi per
la cottura, con una farcitura di formaggio e datteri, e nel I secolo
a.C. il poeta latino Virgilio (noto anche come Publio Virgilio Marone)
da Andes, Mantova fa riferimento all’antica idea del pane come piatto
commestibile o tagliere per altri cibi in questo estratto del suo poema
latino, l’Eneide:
    Altro per avventura allor non v’era
    di che cibarsi. Onde, finiti i cibi,
    volser per fame a quei lor deschi i denti,
    e motteggiando allora: «O – disse Iulo –
    fino a le mense ancor ne divoriamo?
Questi
pani di forma piatta, come la pizza, provengono dell’area del
Mediterraneo e altri esempi di essi che sopravvivono ai giorni nostri da
quell’antico mondo sono la “focaccia” che può essere fatta risalire
fino agli antichi etruschi, la “coca” (che ha varietà sia dolci che
salate) della Catalogna, della zona di Valencia e delle Isole Baleari,
la “pita” greca o “pide” in turco o “piadina” in romagnolo. Pani simili
forma piatta in altre parti del mondo comprendono il “paratha” indiano,
il “naan” sudasiatico, il “carasau” , la “spianata”, il “guttiau”, e il
“pistoccu” sardi, la “flammkuchen” alsaziana e il “rieska” finlandese.
Innovazione
L’innovazione
che ci diede la particolare focaccia che chiamiamo “pizza” fu l’uso del
pomodoro come condimento. Per alcuni anni dopo che il pomodoro fu
portato in Europa dalle Americhe nel XVI secolo, molti europei credevano
che fosse velenoso (come varie altre piante del genere Solanum a cui
appartiene). Dal tardo XVIII secolo tuttavia era comune per i poveri
della zona intorno a Napoli aggiungere il pomodoro alle loro focacce, e
così nacque la pizza[senza fonte]. Il piatto guadagnò in popolarità e
presto la Pizza divenne un’attrazione turistica quando i visitatori a
Napoli si avventuravano nelle zone più povere della città per provare le
specialità locali.
Fino al
1830 circa la pizza era venduta in bancarelle ambulanti e da venditori
di strada fuori dai forni. Alcune pizzerie mantengono viva questa antica
tradizione ancora oggi. L’Antica Pizzeria Port’Alba a Napoli è
considerata la più antica pizzeria della città ancora oggi esistente:
iniziarono a produrre pizze per venditori ambulanti nel 1738 ma si
espansero ad un ristorante-pizzeria con sedie e tavoli nel 1830. Una
descrizione della pizza a Napoli intorno al 1835 è data dallo scrittore
ed esperto di cibo francese Alexandre Dumas (padre) nella sua opera Il
Corricolo, Capitolo VIII. Egli scrive che la pizza era l’unico cibo per
la gente umile a Napoli durante l’inverno, e che “a Napoli la pizza è
aromatizzata con olio, lardo, sego, formaggio, pomodoro, o acciughe”.
I
Napoletani prendono la loro pizza molto seriamente. I puristi, come
nella famosa pizzeria “Da Michele” in Via C. Sersale (fondata nel 1870)
sostengono che esistono solo due vere pizze: la “Marinara” e la
“Margherita”, ed è tutto ciò che servono. La Marinara è la più antica e
ha un condimento di pomodoro, origano, aglio, olio extra-vergine d’oliva
e solitamente basilico. Era chiamata “Marinara” non, come molti
credono, perché contiene pesce (non è così) ma perché era il cibo che i
pescatori mangiavano quando tornavano a casa dalle lunghe giornate di
pesca nella Baia di Napoli. La Margherita è invece attribuita al
panettiere Raffaele Esposito, che lavorava alla pizzeria “Pietro… e
basta” che fu fondata nel 1880 ed opera ancora oggi sotto il nome di
“Pizzeria Brandi”.
Nel
1889 infornò tre diverse pizze per la visita del Re Umberto I e della
Regina Margherita di Savoia. La preferita della Regina era una pizza che
evocava i colori della bandiera italiana – verde (foglie di basilico),
bianco (mozzarella) e rosso (pomodori). Questa combinazione fu
battezzata Pizza Margherita in suo onore.
L’”Associazione
Verace Pizza Napoletana”, fondata nel 1984, riconosce solo la Marinara e
la Margherita verace ed ha stabilito le regole molto specifiche che
devono essere seguite per un’autentica pizza Napoletana. Queste
includono che la pizza deve essere cucinata in un forno a legno, alla
temperatura di 485 °C per non più di 60-90 secondi; che la base deve
essere fatta a mano e non deve essere utilizzato il mattarello o
comunque non è consentito l’utilizzo di mezzi meccanici per la sua
preparazione (i pizzaioli fanno la forma della pizza con le loro mani
facendola “girare” con le loro dita) e che la pizza non deve superare i
35 cm di diametro o essere spessa più di un terzo di centimetro al
centro. L’associazione seleziona anche le pizzerie nel mondo per
produrre e diffondere la filosofia e il metodo della pizza verace
napoletana.
Ci sono
molte pizzerie famose a Napoli dove si possono trovare queste pizze
tradizionali, la maggior parte di esse sono nell’antico centro storico
di Napoli. Talvolta tali pizzerie andranno anche oltre le regole
specificate, ad esempio, usando solo pomodori della varietà “San
Marzano” cresciuti sulle pendici del Vesuvio e utilizzando solamente
l’olio di oliva e aggiungendo fette di pomodoro in senso orario.
Un’altra aggiunta alle regole è l’uso di foglie di basilico fresco sulla
pizza marinara: non è nella ricetta “ufficiale”, ma è aggiunto dalla
maggior parte delle pizzerie napoletane per guarnirla.
Le basi
per pizza a Napoli sono soffici e friabili ma a Roma preferiscono una
base sottile e croccante. Un’altra forma popolare di pizza in Italia è
la “pizza al taglio” che è la pizza infornata in teglie rettangolari con
un’ampia varietà di condimenti e venduta a peso.

Bella storia della pizzaultima modifica: 2017-02-02T21:19:00+01:00da violla08
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